Un
detenuto suicida e uno deceduto per l'aggravarsi della sua situazione
sanitaria. Per l'associazione che si occupa di diritti e garanzie nel
sistema penale, "il problema
non è nel sorvegliare le persone, ma nell'eliminare le cause che
portano ad atti suicidari o di autolesionismo"
"Due
detenuti morti nello spazio di poche ore, uno per l'aggravarsi delle
sue condizioni di salute e l'altro per suicidio: è ora che si inizi
a parlare seriamente di potenziare il personale medico e civile,
innanzitutto degli psicologi, all'interno degli Istituti penitenziari
e di risolvere le lacune della sanità penitenziaria. Così come di
incentivare le misure alternative, le possibilità di lavoro intra ed
extra murario, i corsi scolastici e di formazione, la presenza di
volontari esterni e le attività rieducative che, nel periodo estivo,
calano vertiginosamente, lasciando le giornate dei detenuti
estremamente vuote e solitarie".
Così Antigone
Marche,
l'associazione che si occupa di diritti nel sistema penale, sul caso
dei due detenuti del carcere di Montacuto morti ieri.
L'associazione
è tornata da tempo a sottolineare la preoccupante crescita del
numero dei detenuti anche nelle Marche. "Sappiamo
bene che, nel
periodo estivo, la situazione delle carceri tende a peggiorare –
continua l'associazione - sia
per una fisiologica carenza di attività e di corsi per i detenuti;
sia per un altrettanto normale aumento della popolazione ristretta.
Questo, però, va ad aggiungersi ad una realtà in cui assistiamo al
ritorno del sovraffollamento e i due detenuti di Montacuto deceduti
ieri ci dimostrano che un edificio ristrutturato non basta: ad
esempio, il detenuto morto in ospedale aveva un fine pena al 2018,
possibile che dovesse scontare la sua pena solo in carcere e in
nessun altro luogo, vista anche la sua condizione di salute? Ecco
perché, secondo noi, servono misure alternative e attività
rieducative e, soprattutto, assistenza psicologica per chi si ritrova
a vivere per mesi e anni in pochi metri quadrati".
Sono
già 67 i detenuti morti in tutta Italia quest'anno
"di questi 31 sono i suicidi – spiega
ancora l'associazione – e,
secondo noi, il problema non è nel sorvegliare le persone, ma
nell'eliminare il più possibile le cause che possano portare ad atti
suicidari o di autolesionismo, così come, ad esempio, fu fatto
negli Stati Uniti negli anni '80. Non solo. L'Italia è il Paese con
uno dei più elevati dislivelli del tasso di suicidio tra popolazione
libera e popolazione detenuta, in carcere infatti ci si suicida 20
volte di più che all'esterno: un problema di controllo o di sistema
complessivo? Un dubbio che riguarda tutti, se vogliamo garantire un
sistema pubblico, e dunque finanziato con i soldi dei cittadini,
efficiente. Che crei sicurezza, e non morti".
Jesi,
31 luglio 2017
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