La
situazione nelle prigioni regionali tocca livelli preoccupanti:
scarse le misure alternative applicate così come il numero di
psicologi, educatori e di attività per il cambiamento di vita. Senza
contare i problemi sul piano sanitario. Lunedì la visita di Antigone
a Montacuto
Sovraffollamento,
carenza di personale di polizia penitenziaria, presenza di immigrati,
assenza del direttore. Vengono additate queste come le cause
dell'inasprimento delle condizioni di vita all'interno della Casa
Circondariale di Montacuto e delle rivolte che avrebbero interessato
l'istituto nei giorni scorsi. Non la pensa allo stesso modo
l'Associazione Antigone Marche che, con la sua attività
dell'Osservatorio, visiterà lunedì 25 il carcere di Montacuto e in
quella sede cercherà di capire le dinamiche di quanto accaduto.
Alla
base, secondo Antigone Marche, non ci sono la carenza di agenti, la
presenza di etnie diverse di migranti o l'assenza del direttore che,
comunque, viene sostituito da un collega se si trova impossibilitato
ad andare in istituto. Bensì altri motivi: la scarsa applicazione di
misure alternative e la mancanza di percorsi per il reinserimento
sociale. In poche parole, pochi sono gli educatori che seguano le
persone ristrette; pochi sono gli psicologi che indirizzino il
cambiamento di vita e che possano intercettare il malessere; poche le
attività professionalizzanti che trasmettano un mestiere spendibile
una volta tornati in libertà. Al contrario, sono tante le categorie
sociali che i carceri li riempiono anche perché le loro tasche per
pagarsi difese costose sono vuote: migranti, persone in attesa di
primo grado e tossicodipendenti. Pochi i posti nelle comunità di
recupero e i soldi per i percorsi terapeutici.
Eppure,
tutti i numeri dicono che dalle misure alternative è l'intera
società a trovare giovamento: risparmio per lo Stato e abbassamento
della recidiva. Ma forse è la società che non vuole tutto questo,
assillata da un bisogno di sicurezza sociale che neanche i numeri
giustificano più, dimostrando al contrario la diminuzione dei reati
da alcuni anni ad oggi. E allora, cos'è un carcere, se non una
discarica dove mettere tutto quello che politica e istituzioni non
riescono ad affrontare?
Su
questi temi, Antigone Marche sta lavorando da mesi. Incontrando sia
dirigenti sanitari, specialmente i referenti delle dipendenze
patologiche, sia i politici regionali, per portare i temi della
sanità carceraria e dell'applicazione delle misure alternative
all'attenzione del mondo istituzionale regionale più alto. Di tutto
questo lavoro silenzioso, Antigone Marche spera di poter dare conto
quanto prima. Per ora, va sottolineato un punto: in carcere,
sovraffollamento, suicidi, autolesionismo, consumo smodato di
psicofarmaci non sono fenomeni naturali, bensì spie di qualcosa che
non funziona. Spie di un sistema dove, come ammesso anche da
Massimiliano Prestini, Coordinatore nazionale Cgil Polizia
penitenziaria, il reinserimento è impossibile.
Jesi,
21 Settembre 2017
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